Sin dagli esordi, nel suo impegno con l'Accademia dei Filomusi e in seguito con gli Amici Pedanti, fu chiara ed inequivocabile, l'avversione al Romanticismo svuotato dei paradigmi iniziali e pieno di languido sentimentalismo come quello che rispecchiavano le produzioni di un Prati e di Aleardi. Tuttavia apprezzò l’opera di Giovanni Berchet o di Goffredo Mameli, in cui emergevano gli ideali patriottici, della prima generazione romantica, che pensava al riscatto e alla creazione della nazione italiana. E il recupero della classicità romana vuole riportare l’Italia alla sua l'età eroica per eccellenza. Il Carducci tende ad esaltare una vita sana e bella. Questa linea di condotta gli è ispirata sia dall'amore e dalla frequentazione per gli autori classici sia dalla voglia di lasciare un presente così deludente. Per questo egli si abbandona alla nostalgia dei dolci giorni d'infanzia. Poco ricorda della natia Versilia in cui emerge più che altro l'affettuoso saluto alla casa paterna (Pelegrin del ciel). La Maremma è invece il suo paradiso libero e primitivo, è la terra che ha forgiato il suo carattere fiero ed è il luogo che se rievocato gli fa riacquistare serenità (Traversando la Maremma toscana). Ma anche la storia lo attrae molto che sia essa quella della Roma repubblicana di cui egli ammira la gloria, la sanità dei costumi e la grandezza della sua civiltà e che indicherà ad emblema per il Risorgimento con un anelito di nostalgia per questa età eroica o l'avventura dei primi abitatori della sua Toscana, gli Etruschi (Ripresa) o i gesti e i vissuti dei Palafitticoli, i Liguri (Alla città di Ferrara) o all'età comunale, con la sua vita semplice e forte e la difesa della libertà (Comune rustico). C'è da aggiungere che a volte la dimensione spazio-temporale è desunta da repertori librari è il caso dell'amata Grecia, che non vide mai, ma sognò nelle molteplici sfaccettature. Contemplò invece le vestigia della Città Eterna, fu a contatto con i resti della civiltà etrusca, conobbe i primordi della civiltà umana, la preistoria. Scelse di fondere il «pragmatismo» romano-italico con il «colorismo» greco creando così una dimensione particolare, una ricetta alla crisi basata su ritorno a costumi più morigerati e ligi. Riconobbe l'importanza della Rivoluzione francese e dei suoi ideali che portarono alla ribellione ad ogni sopruso e inganno (i 12 sonetti di Ça ira). L'eroismo che fu genuinamente presente in quegli uomini vestiti di rosso e di ardore che «fecero l'Italia» sbarcando a Marsala o combattendo sull'Aspromonte e resistendo a Mentana ma a volte esso è trasfigurato e non di rado tra i regi eserciti, compaiono legioni e grandissimi generali romani come gli Scipioni. Però, il Risorgimento italiano partito con il nobile obiettivo del riscatto nazionale dal dominio straniero alla fine si risolverà in una deludente serie di compromessi per la definitiva realizzazione dell'unità nazionale. Naturale derivazione di questo clima sarà la classe dirigente al potere. Ma nella storia si realizza anche la vendetta del destino la cosiddetta "nemesi storica" che colpisce i figli dei padri colpevoli di efferati delitti (Miramar). Anche la natura ricopre uno spazio importante nella sua produzione. Uno squarcio rasserenante di natura incontaminata, la fresca rappresentazione della sua Maremma, rappresentata spesso con pochi tocchi diviene lo specchio della sua anima. Quando egli gioisce anche il sole splende "ridente" quando è infermo il sole è invece "ebbro". Da questo mondo splendido emerge un saggio che dispensa certezze che batte e ribatte le parole per forgiarle con l'atteggiamento di un «artiere». Chi è costui? Egli è il poeta vate! Il suo umano sentire riconosce il valore degli affetti famigliari, dell'amore e si apre anche alla passione amorosa. Esprime toni di commosso rimpianto per la morte del fratello Dante, suicida (Alla memoria di D.C.) e straziante dolore per la improvvisa dipartita del figlioletto Dante (Pianto antico). Si rallegra con la figlia Bice per il matrimonio e la ricorda teneramente or ora fanciulla (Per le nozze di mia figlia). Non dimentica di ricordare poi nelle sue poesie le figlie Titti e Lauretta. L'amore per la moglie, Elvira Menicucci, caratterizzato da accorato affetto, è espresso a più riprese nelle epistole mentre appare molto sfumato nelle poesie in cui emerge invece la passione amorosa per altre muse ispiratrici. Egli raffigura la donna con poche, leggiadre pennellate ed essa con la sua grazia e dolcezza spesso rappresenta una panacea anche se temporanea alle miserie presenti. Lina (Primavere elleniche) è un' immagine reale che egli segue e che lo porta fuori dal grigiore quotidiano, verso una pace idillica in cui la natura è partecipe sia nel bene (Panteismo) sia nel male (Alla stazione) al momento della partenza di Lina. Ma altre muse suscitarono le attenzioni del Carducci ricordiamo la "bionda Maria" (Idillio maremmano) dalla prorompente bellezza, amata in gioventù, metafora della serena vita dei campi,quasi novella età di saturno, la bella e sfuggente Lalage, che ispira un "catulliano sentire" (Sirmione), la consolatrice Delia (Fuori alla Certosa di Bologna) ed Egle dolce messaggera di una primavera spirituale e naturale (Egle). Egli ha un'idea triste della morte dominata dal buio, dal freddo dalla solitudine e dall' "informe niente". Tutto ciò è accentuato dal confronto con la vita che è invece calda, solare, armoniosa. Tuttavia conforme al suo ideale di misura non si abbandona mai al senso di orrore e di disperazione del romanticismo ma seppure con malinconia accetta pacatamente e con un po' di fatalismo quello che spesso appare come giusto e desiderato riposo (Nevicata). Il rapporto con la religione fu abbastanza controverso infatti, partendo da posizioni favorevoli (nel 1848 aveva scritto una poesia dal titolo A Dio), nel corso degli anni si si scagliò con forza contro il cristianesimo responsabile di aver raso al suolo quel mondo calassico-pagano da lui tanto celebrato (Alle fonti del Clitumno) ma soprattutto perchè ricettacolo di posizioni oscurantiste e bigotte e per il "temporalesimo" della Chiesa (A Satana). Questi ardori andarono sempre più spegnendosi verso la fine della sua esistenza come dimostra un breve componimento (A pie di un crocifisso) datato 1892.